You are Number Six

Il Prigioniero è la miglior serie televisiva di sempre.
Immaginatevela, non la conosceste, come la più incredibile trasposizione audiovisiva di un libro.

Il libro è 1984 ma The Prisoner non è un adattamento diretto del libro in questione.
Patrick McGoohan, il geniale creatore/sceneggiatore/regista/protagonista de Il Prigioniero fu in grado di portare in video le atmosfere Orwelliane con una maestria ed un efficacia assolutamente unica.
Cultura e controcultura, democrazia e dittatura, libertà e prigionia.
La serie (come 1984) è, nei temi trattati e nel modo di affrontarli, di eterna (e drammatica) attualità.
Ecco che, nel tentativo di bissare il recente reboot di un'altra serie inglese del passato, Doctor Who, qualcuno ha pensato di dare vita ad una nuova messa in scena delle avventure del Prigionero Numero Sei.
Il nuovo The Prisoner comparirà sotto forma di racconto diviso in sei episodi nel novembre di quest'anno, frutto di una collaborazione tra AMC ed ITV, la serie che originariamente produsse Il Prigioniero  nel 1967.

Il prima trailer, uscito oggi, non sembra dire molto e soprattutto non sembra tranquillizzare le preoccupazioni del molti fan della serie sparse per il mondo.
Già la scelta della location del Villaggio ha lasciato molti appassionati quantomeno perplessi.
E' stato infatti abbandonato il magnifico e surreale Hotel Portmerion per preferire ambientare la serie in un deserto.

Speriamo bene...




Via /Film

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TBFCAP aka The Big Fuckin' Chainsaw Arm Post

Pubblicizzato come il ritorno all'horror vecchia scuola di Sam Raimi questo Drag me to Hell sembra promettere bene.
La vecchia scuola c'è tutta; ci sono le messe sataniche, c'è la musica che fa la paura e soprattutto c'è la vecchia con un occhio diverso dall'altro.

Se poi alla fine, a salvare tutti dalla discesa agli inferi, arrivasse Ash Williams ed il suo chainsaw arm sarebbe ancora più bello.

Però mi sa di no.



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Stilt è in costruzione

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Ma manca poco e qualcosa c'è già.

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So you had better do as you are told you better listen to the radio


Citando il vero Elvis...
Tra un pò, talmente poco che devo muovermi altrimenti arrivo in ritardo, sono in radio a parlare di questo.

Mai di Giovedì
11/06/2009
Ore 21,00




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Intervista a Gipi

Da L'Arena di Verona

Secondo molti, il miglior romanzo pubblicato in Italia nell’anno appena finito è un fumetto, per giunta e per esplicita ammissione dell’autore, disegnato male. 

“LMVDM - La mia vita disegnata male” (Coconino Press) è il racconto, a tratti confuso e logorroico ma non per questo meno efficace ed appassionante, di una vita, quella del suo autore: Gipi (Gianni Pacinotti), globalmente riconosciuto come uno dei più talentuosi fumettisti del mondo. Il Wall Street Journal ha scritto che Gipi  “non ha rivali nella raffigurazione delle pose e delle svogliatezze dell’adolescenza” e l’ha inserito nella lista dei più talentuosi autori di graphic novels d’Europa.

Un testo così autobiografico come LMVDM nasce per soddisfare un bisogno personale dell’autore?E’ riuscito ad adempire a tale compito?

Non so ancora se scrivere LMVDM è servito a qualcosa, a livello intimo e personale. Certo è che una speranza di guarigione c'era ed in questo caso “guarigione” si accosta a "comprensione". Comprensione dell'origine dei miei sfaceli sentimentali, di quella che dall'esterno (e pure dall'interno quando sono triste) può apparire come una vera e propria incapacità di amare, una coazione a ripetere atteggiamenti distruttivi nei rapporti amorosi.

E' questo il motivo, o almeno uno dei motivi principali, per cui ho lavorato a questo libro. Capire l'origine dei disastri perpetrati nella mia vita piccola e sperare, così, di non trovarmi a ripeterli.

I ricordi, come quelli a cui ti sei affidato per la stesura di LMVDM, possono vivere in bilico tra realtà è immaginario. Quanto è “vero” un ricordo?

Non ho sufficiente fiducia nella mia capacità di percepire le cose e ricordarle, per affermare che un ricordo "è vero".

La mia percezione dell'esistenza è sempre talmente frammentata e fragile, da scivolare facilmente nell'irreale. Alla fine, però, sono quasi giunto alla conclusione che irrealtà, invenzione e percezioni errate siano "reali" o addirittura "vere".

Ho sempre una smania di traduzione di vita nella scrittura. Ora ho l'impressione che riesca ad avvicinarmi alla realizzazione di questo intento solo abbandonandomi al caos e all'imprecisione, perchè questo caos e questa imprecisione mi sembrano parte integrante dell'esistenza.

Se non "mi perdessi", se non fossi confuso, nel raccontare, non credo che trasmetterei quel senso di indefinibilità che per me è una delle basi dell'esperienza di stare al mondo.

Proprio parlando di questo tuo “perderti”, LMVDM sembra una perfetta commistione tra un’inarrestabile flusso di coscienza ed una metodica ed attenta costruzione di una storia.

E' il flusso di coscienza di una persona che fa un mestiere che impone il controllo sulla struttura.

Quindi è una commistione tra abbandono e controllo.

Nello scrivere cerco di privilegiare l'abbandono, l'istinto ed anche l'incoscienza, ma rimane comunque sempre vigile una specie di commissario che sorveglia quello che faccio e mi parla. Mi impone spesso dei freni e delle regole, in modo che, comunque e per quanto folle, la narrazione possa risultare comprensibile.

E' una dualità che fa parte del mio carattere, immagino. Una lotta tra la voglia di scompigliare ogni regola e un desiderio di pace e normalità.

Le pagine di LMVDM sono state tutte improvvisate ma tra una sessione di lavoro e l'altra, i dubbi e le paure di non risultare comprensibile lavoravano segretamente, indirizzando l'improvvisazione su un percorso che mantenesse un senso.

Credo che sia un processo simile a quello messo in atto da chi suona jazz. Si improvvisa, ci si abbandona, si, ma si resta su una progressione di accordi condivisa. Comprensibile.

In Italia è molto semplice salire sul carrozzone dei vincenti e sono già in molti a considerarti “il salvatore” del fumetto italiano attribuendoti responsabilità (più implicite che esplicite) che difficilmente possono competere ad un autore. La senti questa pressione?

Si. L'ho sentita un pò dopo la mia apparizione in tv (intervistato da Daria Bignardi a “Le Invasioni Barbariche”). Ma è pure svanita in fretta. Alla fine ho un legame con il lavoro di raccontare storie che credo sia onesto e che mi fa dimenticare il contesto. Dimentico il mondo del fumetto, le aspettative degli editori. C'è una base di anarchia dietro il processo di invenzione e scrittura che finora, credo, mi ha salvato, lasciandomi intatta la libertà.

Non so se durerà per sempre. Cerco di fare attenzione. non cedere alla vanità. Ritornare sempre al punto originale: l'amore per il racconto, la passione per il disegno. Un amore ed una passione infantili, che sono sempre stati là e non sono, alla fine, troppo mutati da quando ero un ragazzino. 


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